Il termine “Interaction Design” abbraccia una serie di discipline molto diverse tra loro, che vanno dalla progettazione multimediale al sound design, e poi fino alla robotica. Un corso di studi incredibilmente strutturato e complesso, che indaga il rapporto tra uomo e macchina nel profondo. E così, per chiarire nello specifico di cosa si tratta, abbiamo chiesto a cinque dei docenti del nostro corso di raccontarci una diversa sfumatura di questa disciplina.
Paolo Scoppola – Multimedia e Interaction
“È una chiave di lettura di quel mondo contemporaneo che è frutto della trasformazione digitale. È anche il risultato di decenni di ricerca attraverso i quali l’essere umano ha cercato di comprendere e definire questo passaggio storico senza ritorno. L’Interaction Design nasce nei primi anni del XXI secolo come una disciplina che studia il rapporto tra la macchina e l’essere umano in tutte le sue infinite applicazioni pratiche, dal design alla produzione industriale, dal mondo della comunicazione a quello dell’arte. Oggi l’Interaction Design si occupa anche del rapporto tra gli stessi esseri umani attraverso la macchina ed entra, quindi, in stretto contatto con le scienze sociali. Per questo motivo, ovunque ci sia un qualche fenomeno, un processo evolutivo frutto di una qualsiasi tecnologia digitale, possiamo sempre applicare il paradigma dell’Interaction Design per interpretarlo e metterlo in relazione ad altri elementi della contemporaneità. Essere un Interaction Designer, quindi, significa avere una formazione tecnica ed una visione sociale per poter essere protagonisti nei prossimi cambiamenti globali“.
Carola Ghilardi – Grafica, Strumenti e Tecniche 1, Graphic Design
“Già dagli albori della sua personale vicenda, l’uomo ha compreso l’importanza della relazione e ha sviluppato conseguentemente la capacità di interagire, con il suo simile e con lo strumento. Questa sicuramente è una delle cause per cui, in un arco temporale che a noi sembra enorme ma che in realtà è molto breve se rapportato alla storia dell’evoluzione, la nostra specie è cresciuta esponenzialmente in termini di sviluppo, comfort, adattamento. Se in un lontano passato interagivamo prima con un sasso e poi con lo scalpello, adesso sempre più spesso abbiamo a che fare con oggetti elettronici per organizzare la nostra vita, semplificarla, renderla più funzionale alle nostre esigenze. A questa caratteristica se ne lega un’altra, squisitamente umana, che è quella della ricerca estetica. L’estetica: spesso sappiamo riconoscerla lucidamente o comunque ne siamo attratti anche quando non abbiamo le idee chiare sulle regole che la governano. In estrema sintesi, il termine Interaction Design o, meglio, l’ambizione dell’Interaction Design potrebbe essere riassumibile in “relazione”, “reciprocità”, “funzionalità” ed “estetica”: miglioro la mia vita e lo faccio interagendo con il Bello”.
Marco Brocchieri – Phisical Computing
“L’Interaction Design è un modo per interrogarci sulla trasformazione digitale e su come le nuove tecnologie stanno impattando sull’essere umano e sul suo modo di rapportarsi alle macchine. Tecnologia che, da mero mezzo, in alcuni casi diventa il fine, in altri la causa di tutti mali. Visto quanto siamo permeati dal digitale, la figura dell’Interaction Designer diventa fondamentale nel rendere i dispositivi utilizzabili e usabili dagli utenti e non il contrario”.
Arianna Farina – Comunicazione Multimediale, Storia dell’Arte contemporanea, Storia dell’arte
“Si tratta essenzialmente di Design Antropocentrico, di un approccio di ricerca e progettuale basato sulla comprensione e sull’analisi dell’essere umano in relazione all’universo tecnologico. La disciplina dell’Interaction Design si occupa quindi del rapporto uomo-macchina e delle modalità di interazione tra utenti e dispositivi. Fine ultimo di un Interaction Designer è quello di ottimizzare l’utilizzo di prodotti e servizi interattivi – ormai costanti e quotidiani – rendendoli facili e intuitivi”.
Furio Valitutti – Audio Authoring, Progettazione Spazi Sonori
“È molte cose in una cosa sola. È arte digitale, codice, multimedialità. È ciò (e chi) è dietro gli infiniti gesti con cui ogni giorno addomestichiamo la tecnologia. È un dipinto di Raffaello che si scioglie al nostro passaggio per ricomporsi un attimo dopo, sempre se stesso e ogni volta diverso. È il suono che ci ricorda di allacciare le cinture e quello che da voce all’afonia di un veicolo elettrico che sfreccia verso il futuro. È la strada per arrivare a quell’incrocio tra arte e tecnologia che tutti sappiamo esistere senza sapere esattamente dov’è. Per molti ragazzi è finanche qualcosa di simile al rock’n’roll. Il loro strumento un computer, i loro idoli artisti dell’arte digitale, il loro palcoscenico un mondo in trasformazione, alla ricerca di nuove voci, di nuovi modi, di nove interazioni“.